Napoli: La quiete durante la tempesta
Fotografare monumenti con la totale assenza di persone di solito richiede molta pazienza e qualche compromesso, ma non è impossibile, tant’è che, quando la Biblioteca Hertziana ci ha commissionato il lavoro durante il lockdown, a tutti e tre è venuto da pensare: „beh, è quello che facciamo da sempre“. Girando per le strade di Napoli però ci siamo subito resi conto che questa volta era diverso, come se quell’assenza nelle foto che da sempre facevamo (funzionale ad esaltare i monumenti fuori dal tempo) si fosse impossessata della città intera. A qualsiasi orario uscissimo di qualsiasi giorno della settimana dappertutto regnava la desolazione. Dietro quella che, fosse stata domenica, si sarebbe detta quiete, avvertivamo la silenziosa tempesta in atto.
Una fotografia inevitabilmente è parziale, selettiva: taglia a squadro una porzione di realtà focalizzando l’attenzione su qualcosa per escludere il resto. Ridurre il campo visivo al solo monumento non avrebbe reso l’eccezionalità del momento, omologandolo all’ordinarietà del nostro lavoro fatto di pazienza e compromessi. Abbiamo quindi iniziato a ricercare inquadrature quanto più grandangolari, in cui le architetture storiche avessero come co-protagonista la propria solitudine in una piazza o una strada deserte. Più di una volta, scambiati per giornalisti d’assalto in cerca di sensazionalismi, siamo stati osteggiati da qualche passante solitario, evidentemente provato da alcuni servizi apparsi in televisione che cercavano di sottolineare una presunta indisciplina dei napoletani. Il nostro approccio però era tutt’altro, sia per formazione professionale che per un’attitudine caratteriale comune a tutti e tre, improntato sulla discrezione. Ciò che piuttosto saltava ai nostri occhi era l’inquinamento visivo. Per quanto libero dal confusionario traffico di auto e persone, o forse proprio per questo, lo sguardo inciampava di continuo in cartelloni pubblicitari, segnali stradali e cassonetti multicolore disseminati in ogni dove, banner usati a mo’ di tappezzeria persino sui musei e, puntando invano al cielo, reti verdi a contenimento dei calcinacci diventate ormai dotazione di serie di gran parte degli edifici urbani. Oltre alla natura (come si è spesso osservato), a riprendersi il proprio spazio – della nostra attenzione più che della realtà – era il corpo inerme di Napoli, con tutte le sue cicatrici. Inseguendo il sole da una parte all’altra del golfo, definendo inquadrature e prendendo appunti per quelle del giorno seguente, abbiamo cercato di esaltare il fascino di una città troppo spesso maltrattata e che, per quanto tanti, potrebbe portare meglio gli anni che ha.
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